di Simona Ghizzoni
a cura di Giulia Tornari
La mostra è parte del progetto "I nostri diritti: dalla negazione all'acquisizione dei diritti per le donne afghane" realizzato da Nove Caring Humans e Zona.
I TALEBANI STANNO CANCELLANDO I LORO VOLTI E LE LORO VOCI
19 DONNE AFGHANE SI RIPRENDONO IL DIRITTO DI ESISTERE
FAGHAN – FIGLIE DELL’AFGHANISTAN
Inaugura venerdì 18 ottobre alle 18.30 la mostra Faghan. Figlie dell’Afghanistan: 19 ritratti di donne afghane, fuggite dal loro Paese e ora residenti in Italia, realizzati dalla fotografa Simona Ghizzoni, oltre a un documentario inedito di Emanuela Zuccalà che racconta le loro storie. La mostra fa parte del progetto “I nostri diritti: dalla negazione all’acquisizione dei diritti per le donne afghane” realizzato da Nove Caring Humans e Zona.
L’obiettivo è quello di promuovere la conoscenza della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea da parte delle afghane rifugiate in Italia, per sottolinearne l’importanza attraverso le voci e i volti di chi se li è visti negare. Le 19 protagoniste hanno partecipato a una serie di workshop di ascolto e confronto sul tema, organizzati da NOVE Caring Humans, e parallelamente sono state coinvolte da Zona come protagoniste di un set fotografico e del documentario.
L’intero percorso è stato finanziato da ActionAid International Italia E.T.S. e dalla Fondazione Realizza il Cambiamento nell’ambito del progetto The Care – Civil Actors for Rights and Empowerment, cofinanziato dall’Unione Europea. La mostra è a cura di Giulia Tornari.
Il 15 agosto 2021 i talebani riconquistano l’Afghanistan dopo vent’anni di presenza militare occidentale, instaurando di nuovo una dittatura di stampo religioso. Il Paese sprofonda in un caos di violenze, povertà estrema, violazioni dei diritti umani. I talebani sanciscono un’apartheid di genere che segrega le donne tra le mura domestiche, vietando loro di studiare oltre la scuola primaria, lavorare fuori casa, frequentare palestre, parchi, saloni di bellezza. In pubblico, alle donne è proibito mostrare il volto, e persino far sentire la loro voce. Per le afghane, l’unica scelta è tra la morte sociale e la fuga all’estero.
Le 19 donne protagoniste della mostra “Faghan. Figlie dell’Afghanistan” sono riuscite a scappare e oggi vivono in Italia da rifugiate. Le loro storie ci restituiscono esistenze dinamiche e ricche di progetti, prima che i talebani tornassero al potere: studentesse universitarie, operatrici umanitarie, guide turistiche, campionesse sportive, attiviste per i diritti delle donne… Fino alla fuga angosciosa, nei giorni convulsi del 2021 in cui guardavano i loro sogni sgretolarsi, forzate ad abbandonare una terra che, nonostante tutto, continuano ad amare con profonda nostalgia.
“Ora sto vivendo in un luogo in cui posso godere dei diritti umani fondamentali: ho la libertà, la libertà d’espressione, la libertà di scegliere cosa fare, cosa studiare, che lavoro intraprendere, come vivere… Ma da un altro lato penso: perché non posso godere di questi diritti a casa mia, nel mio Paese, con la mia famiglia? Perché oggi sono qui in Italia? Perché ho dovuto diventare una rifugiata, per godere di questi diritti?”, si chiede Mahdia, 19 anni, già campionessa nazionale di Taekwondo, studentessa e attivista.
“Libertà, per me, significa avere il diritto di scegliere. Libertà è avere diritto all’istruzione, a potersi evolvere. Libertà è l’orgoglio di essere donna senza la paura che, poiché sono donna, non posso essere libera”, insiste Sonia, 30 anni, in passato autista del primo e unico servizio di trasporto locale in Afghanistan gestito da solo donne per le donne, noto come “Pink Shuttle”.
In lingua dari, faghan significa un gemito, un pianto di dolore. La parola è tratta da un verso di Figlia dell’Afghanistan della poetessa Nadia Anjuman (1980-2005), picchiata a morte dal marito che non tollerava la sua indipendenza di donna e di intellettuale affermata.
Nel fotografare queste donne, Simona Ghizzoni ha immaginato di restituire loro la possibilità, per anni esclusivamente maschile, di entrare in uno studio fotografico per il puro piacere di farsi ritrarre. Le donne si sono truccate, vestite e pettinate in autonomia, come solevano fare prima della censura talebana, per offrire all’obiettivo la loro rappresentazione più autentica.
Ad accompagnare le fotografie, un cortometraggio con la regia di Emanuela Zuccalà che, con interviste e video esclusivi della presa di Kabul nel 2021, approfondisce le storie di cinque di loro.
Questo il link per visionare il trailer del filmato: https://vimeo.com/1009835373
Orari mostra:
(Ingresso gratuito)
OFFICINE FOTOGRAFICHE
Via Giuseppe Libetta 1, Roma
19 ottobre – 16 novembre 2024
Aperto dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle 13:00 e dalle 15:00 alle 19.30;
Sabato dalle ore 10:00 alle 13:00.