OFLabs 2020 – Tevere gloria e disgrazia
Laboratorio coordinato da Gabriele Lungarella e Vincenzo Labellarte
“Roma non si affaccia sul Tevere. E il Tevere non guarda Roma. Non si può dire che la capitale abbia una relazione quotidiana con le sue acque”.
Marzia Coronati*
Nel 2016 William Kentridge porta a termine un’opera d’arte lungo il Tevere che fa emergere ottanta figure alte dieci metri: numeri imponenti che si manifestano in un murales discreto, elegante e silenzioso, che emerge sui muraglioni sabaudi che costeggiano il fiume nel centro di Roma. Il lavoro è realizzato attraverso una tecnica di sottrazione, grattando via la patina di smog, licheni e piante spontanee accumulata sulle pareti. L’aspettativa di vita stimata dell’opera è di circa cinque anni, prima che questa venga riassorbita da sé stessa. L’opera è effimera per volontà dell’artista, che non vuole sia attuata nessuna manutenzione.
“Che le immagini siano temporanee” ha dichiarato Kentridge “poiché interpretano una storia in cui gloria e disgrazia, trionfo e lamento sono interconnesse e inseparabili”.
Oggi, a distanza di quattro anni, le figure sono in parte sbiadite dallo smog e coperte dai licheni, ma turisti e curiosi ancora scendono lungo il fiume per ammirare la sua opera d’arte.
Kentridge ha contribuito a un timido riavvicinamento dei cittadini alle acque del Tevere, cucendo in parte quello strappo che negli ultimi decenni ha separato gli abitanti di Roma dal suo fiume. A contribuire alla cesura sono più cause: la costruzione dei muraglioni sabaudi di fine ‘800, il conseguente abbassamento del livello delle acque, ma anche il rapido e inesorabile inquinamento e l’assetto industriale della società, che contribuiranno ad allontanare la vita dal fiume e il fiume dalla vita.
Seppur ancora separato dalla città, c’è tuttavia molta vita lungo e nel Tevere. Vita biologica, vita umana, vita animale, vita ai margini. Dal fondo delle acque del fiume, in un’operazione durata cinque giorni, è riemerso nell’autunno del 2019 un relitto affondato in pieno centro storico, mentre ogni giorno lavatrici, bottiglie e pneumatici scendono rapidamente verso il mare costeggiando l’isola Tiberina.
Ripercorrere il Tevere significa ripercorrere il racconto di una società nello spazio e nel tempo: ci si allontana dalla città a favore di un paesaggio ‘antico’ e rurale e contemporaneamente ci si immerge nel cuore pulsante della metropoli attraverso gli interni di una casa galleggiante sull’acqua.
Il laboratorio è aperto a tutti, senza limite di numero ed è immaginato come progetto a lungo termine che sappia restituire alla città una visione molteplice, articolata, variopinta, contraddittoria nel suo rapporto con il fiume: una narrazione corale e trasversale che ha come filo conduttore il Tevere e la sua vita, che racconta un territorio lungo 405km e che parla di una società millenaria, spaziando trasversalmente tra i generi fotografici e oltre.
Ogni partecipante potrà definire il proprio ambito di interesse e la propria area tematica all’interno del progetto e sarà aiutato nella realizzazione di un portfolio efficace e coerente dal punto di vista estetico e narrativo. Obiettivo ultimo è il rafforzamento individuale della propria visione e determinazione fotografica all’interno di un’ottica collettiva in cui il singolo partecipante sarà tassello autoriale fondamentale e unico di un puzzle narrativo.
Tevere gloria e disgrazia è uno degli OFLabs 2020. Inizio incontri gennaio. Per iscrizioni scrivere alla segreteria of@officinefotografiche.org
*Marzia Coronati, da “Roma fu marinara” – www.doppiozero.com/materiali/ roma-fu-marinara