Frammenti di Bruno Cattani
a cura di Clelia Belgrado
Una fotografia – ci conferma Cattani – può svelarci cose che fino al momento in cui la guardiamo erano rimaste nascoste, celate nell’apparente ordinarietà del reale, e che solo quel congegno diabolico racchiuso nella macchina fotografica (attraverso la scelta di una certa inquadratura, dentro una certa luce) riesce a cogliere.
Certo, prima di noi chi l’ha scattata ha avuto modo di guardarla, talvolta di prefigurarne, come fanno i grandi fotografi, l’esito finale, o perlomeno di intuirlo, anche se solo nel processo di stampa spesso se ne colgono i misteri – come fa, emblema paradossale di queste virtù rivelatrici della fotografia, Thomas (David Hemmings), il protagonista di Blow-Up di Michelangelo Antonioni, quando scatta le sue immagini nel parco e poi, sviluppandole, arriva addirittura a intravedere un tentativo di assassinio.
Ciò che accomuna tutte le immagini di Cattani è quest’epifania, questo miracolo di un incontro inaspettato, di una memoria ritrovata. Il termine di “Memorie”, con il quale Bruno continua a connotare la sua raccolta di immagini, assume dunque una duplice declinazione, del resto insita in una parola così ricca di suggestioni e gravida di significati: il fotografo, nel cammino della sua vita, incontra situazioni che fanno scattare e riaffiorare in lui certe sensibilità, sepolte e a lungo rimaste, come i sensi che non vengono sollecitati dall’uso, silenti; colui che guarda queste immagini vi ritrova sentimenti e ricordi perduti, associazioni di senso che altrimenti mai si sarebbero affacciate alla sua mente. È davvero straordinaria la capacità di una fotografia di smuovere l’immaginario, di fare scattare una rêverie, una fantasia, forse talvolta memorie di sogni e di fantasmi, in cui si mescolano esperienze della realtà, letture di romanzi, visioni di film.
Ci si può così riconoscere, grazie alla nostra educazione sentimentale, in qualcosa che, pur essendoci ignoto, pur non avendo mai fatto parte della nostra esperienza visuale nel corso della nostra vita, ci appare come familiare. Grazie a fotografie come quelle di Bruno Cattani possiamo cogliere la verità profonda di un’altra annotazioni di Charles Simic: “Si può provare nostalgia per un tempo e un luogo che non si sono mai conosciuti? Secondo me sì”.
Che cosa rende peculiari e riconoscibili le immagini di Bruno Cattani del ciclo Memorie? Al di là della diversità dei soggetti – che tuttavia, se li si esamina attentamente, coprono uno spettro ristretto del reale, pur essendo stati fissati in luoghi anche molto lontani del mondo, quasi che Bruno abbia ormai selezionato un proprio linguaggio, un proprio codice di lettura che sa riconoscere e nominare alcune cose –, ciò che s’impone al nostro sguardo è il taglio prospettico e il tono che le pervade.
Cattani padroneggia la cultura del frammento, assieme all’esigenza di geometrie che tutto governino – si pensi ai non infrequenti rispecchiamenti tra cielo e terra, accentuati da un tono che uniformemente li pervade –, e dell’importanza, talvolta determinante, di ciò che sta fuori dell’immagine, e che possiamo intuire con la fantasia o con qualche lacerto che appare magari sui bordi. Nello stesso tempo, è chiaramente andato alla ricerca e alla conquista, in questi anni, di una tonalità che caratterizzasse i sentimenti che intendeva esprimere.
Se nelle prime opere tutto pareva rivestito di un colore un po’ plumbeo e fosco, quando la luce declina verso il buio o quando nuvole compatte impediscono ai raggi del sole di squarciare il velo che scherma l’azzurro del cielo, ora talvolta il mondo ci appare più terso, anche se sempre c’è qualcosa di biancastro e di caliginoso – una sorta di chiarore nevoso, come se in tutta la visione aleggiassero evanescenti fiocchi biancastri – che ci ricorda la distanza da un luogo e da un tempo, che non possono mai essere quelli in cui ci troviamo ora immersi a guardare.
Avigdor Arikha ha osservato che lo stile è “una frequenza” che “sta all’artista come il timbro della voce sta all’uomo”: Cattani ha ormai conquistato un proprio stile peculiare, che lo rende immediatamente riconoscibile; la voce di Bruno si è fatta in questi anni forse più pacata e sommessa, ma ancor più ricca di sentimenti e di sfumature. Nelle sue immagini trovano spazio “le ragioni del cuore” di cui parlava Blaise Pascal (“il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce”), certo da non intendersi come sentimentalismo buono per tutte le stagioni e occasioni, ma come pensiero, intuizione poetica della mente che sceglie di vedere il reale attraverso il filtro congiunto del cuore e delle ragione: le sue immagini sono l’esito di una visione del mondo e di una percezione dell’occhio, che sa selezionare certi scorci.
Stile e tono tutto impregnano e unificano in queste immagini, che ci coinvolgono in sensazioni che vanno ben oltre il piacere dello sguardo, per diventare riflessioni sul valore e sul senso dell’esistenza, per di più catturati da queste inestricabili visioni di familiare e di magico. Mi paiono, le fotografie di Cattani, la conferma della verità profonda che Glenn Gould aveva intuito: “Lo scopo dell’arte non è procurare una momentanea scarica di adrenalina ma è, piuttosto, la costruzione graduale di uno stato di meraviglia e serenità che dura tutta la vita”.
Bruno Cattani vive e lavora a Reggio Emilia. Negli anni riceve numerosi incarichi nell’ambito della ricerca fotografica per musei quali il Musée Rodin, il Musée du Louvre, l’École Nationale Supérieure des Beaux-Arts di Parigi; l’Istituto Nazionale per la Grafica, il Pergamonmuseum di Berlino e la Soprintendenza Archeologica di Pompei. Nel 2000 è presente nell’esposizione D’après l’Antique al Musée du Louvre e, nello stesso anno, la sua mostra L’arte dei luoghi è inserita all’interno del programma del Mois de la Photo di Parigi. Figure Nel Tempo è il titolo della personale che si tiene, nel 2002, alla Galleria Civica di Modena a cura di Walter Guadagnini. Nel 2003 espone alcune sue fotografie che gli sono state commissionate dal Musée Rodin di Parigi, nella mostra curata da Sandro Parmiggiani Camille Claudel. Anatomie della vita interiore tenutasi a Palazzo Magnani di Reggio Emilia. E’ tra gli artisti invitati ad esporre nel 2011 al Padiglione Italia della 54° Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, selezionato da Italo Zannier.
Il 2014 è l’anno della ristampa del volume Memorie, edito da Danilo Montanari Editore, nuovo capitolo della sua ricerca che prosegue con molti nuovi scatti.
Le sue fotografie sono conservate presso gli Archives Photographiques du Musée du Louvre, la Maison Européenne de la Photographie di Parigi, The New York Public Library for the Performing Arts, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, Bibliotéque Nationale de France di Parigi, il Musée Réattu d’Arles, il Musée de la photographie di Charleroi, il Musée Nicephore Niépce Ville de Chalon sur Saône, la Maison Europeenne de la Photographie di Parigi, la Polaroid Collection e il Museo di Thessaloniki (Grecia).