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Presentazione editoriale - giovedì 12 marzo ore 19 - Officine Fotografiche Roma

Una momentanea eternità – viaggio in una terra straniera

di Marco Scataglini
Edito da Kelidon in collaborazione con l’editore Penne e Papiri

Giovedì 12 marzo alle 19 presentiamo a Officine Fotografiche Roma il libro “Una momentanea eternità – Viaggio in una terra straniera” di Marco Scattaglini.

Da oltre cinque anni giro per l’Italia centrale, tra Toscana, Lazio e Umbria in cerca di siti abbandonati, casali diruti, città morte, necropoli di antichi popoli, segni del passaggio della Storia, graffiti, cippi confinari, tutto un mondo che ha un’anima da mostrare, e storie da raccontare.

Storie minime, storie che nessuno si prenderebbe la briga di raccontare, altrimenti.

Ci son molti modi di guardare a una testimonianza del tempo che passa: c’è il modo dello scienziato e del ricercatore, in particolare dell’archeologo, che tenta di interpretare un luogo per trarne informazioni e insegnamento; c’è il modo del poeta, che se ne serve per raccontare, attraverso quel luogo, lo spirito universale; e c’è il modo del fotografo, che lo ritrae per descrivere le proprie sensazioni, per raccontare quel luogo come simbolo, come metafora dei propri pensieri e delle proprie emozioni.

Il mio interesse si è rivolto a questi luoghi in quanto simboli di quella “terra straniera” che è il tempo, come sostiene David Lowenthal nel suo saggioTime is a foreign country”, e nello sceglierli ho evitato al contempo di percorrere distanze superiori a 90 chilometri dal luogo in cui abito e lavoro (Tuscania, in provincia di Viterbo).

Volevo sentirli parte del mio mondo, saperli vicini, raggiungibili, domestici. Avere con loro un rapporto continuo, ripetuto, entrare in empatia: cosa impossibile se le distanze diventano importanti e onerose. E visto che ho viaggiato sempre su un’auto a metano, in questo modo ho anche ridotto il più possibile le emissioni inquinanti: in un’epoca di turismo frettoloso e insostenibile a livello ambientale, mi sembrava importante fare una scelta del genere.

Tra le scelte fatte anche quella di ricorrere esclusivamente alla fotografia analogica, e stenopeica in particolare: alla fine mi son ritrovato con oltre 400 i rulli scattati e circa 8000  negativi archiviati, più un totale di almeno 2000 negativi di carta utilizzati nelle fotocamere stenopeiche autocostruite, il che porta, considerando i tempi di esposizione di ciascuna foto (quasi sempre superiori al secondo, più spesso oltre il minuto e non di rado, nel caso delle foto stenopeiche, intorno a 30 minuti-un’ora o più), a una stima di circa 4-5000 minuti complessivi di ripresa, che è come scattare senza sosta per oltre 70 ore, cioè tre giorni, notte e dì! Questo senza considerare tutti i tempi accessori: raggiungere i luoghi, preparare la ripresa, poi sviluppare i rulli o le lastre, e così via.

Elliot Erwitt, grande fotografo di reportage, sosteneva (scherzando ma non troppo) che per realizzare anche il suo lavoro più complesso non aveva impiegato più di 5 secondi: considerando che il tempo di scatto medio per un fotografo di reportage è di 1/125 di secondo, in 5 secondi ci sono ben 625 foto!

Ecco, io mi sono mosso in direzione “opposta e contraria” per dirla con De Andrè. Ora il progetto è diventato un libro fotografico che raccoglie una selezione delle foto che reputo più significative. Sono luoghi che esprimono appunto il concetto del passato, nelle sue varie declinazioni: luoghi del lavoro, della quotidianità, della fede, luoghi della morte. Soprattutto luoghi dell’abbandono, perché spesso non ce ne rendiamo conto ma, accanto al nostro mondo, esiste un mondo parallelo che abita i nostri stessi luoghi, ma in un tempo diverso. E questo mondo parallelo ho cercato di esplorarlo grazie alla fotografia.